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Norvegia e Krystall Rally – Norway winter ride 2017

Tour invernale in Norvegia e raduno Krystall Rally

Durata: 9 giorni

Chilometraggio: oltre 4’400

Itinerario: Link a youposition

Paesi toccati: Svizzera, Austria, Germania, Danimarca, Norvegia

Punto più a Nord: Oset Hotel 60° 50,017’N

 

Straordinario viaggio invernale in Norvegia con tappa al Krystall Rally, tradizionale raduno di moto e sidecar ospitato all’Oset Hotel non lontano da Gol.

Nove giorni piuttosto intensi, seppure con un meteo relativamente favorevole pur sempre caratterizzati da temperature prossime allo zero, per cui è stato fondamentale l’uso dell’abbigliamento riscaldato per poter stare molte ore al giorno in sella.

La tabella di marcia fatta prima di partire aveva su di sé un grosso punto interrogativo poiché non sapevo se sarei stato in grado di mantenere le distanze chilometriche previste, ne se avessi incontrato condizioni tanto avverse da dovermi fermare spesso: fortunatamente è andato tutto per il meglio ma ero pronto a fare dei tagli sul percorso per recuperare, così come avevo previsto un giorno in più di ferie per eventuali imprevisti.

 

Giorno 1 – 11 febbraio: Sestri Levante – Kirchheim (D)

Non mi faccio mancare una breve colazione con la focaccia, dato che non ne mangerò per un po’, poi dopo una sgroppata in autostrada fino in Svizzera la strada si fa finalmente piacevole prima del tunnel del San Bernardino dove però incontro una nevischiata, al di là della galleria invece il tempo è molto più aperto e mi godo il percorso al sole con temperature che arrivano anche a 10 gradi sopra lo zero dalle parti di Chur. Altra full immersion di autostrada una volta rientrato in Germania dove prenoto un hotel a Kirchheim nel pomeriggio in modo da fissare una meta abbastanza a Nord. Arrivo al buio ma una sauna, una doccia ed una “schnitzel” mi fanno immediatamente dimenticare gli oltre 950km percorsi: bel colpo! A questo punto posso puntare ad arrivare in Danimarca il giorno successivo e sperare di prendere il traghetto di mezzogiorno a Hirshtrals lunedì 13.

L’abbigliamento riscaldato Klan funziona a dovere: la sensazione di confort è ottima per la maglia, mentre i calzini scaldano ma non con la stessa intensità, probabilmente perché con gli stivali c’è più dispersione. La vera differenza si percepisce una volta spenti quando ci si rende conto che senza il loro ausilio in pochi minuti il freddo penetra all’interno e infastidisce. I copri manopole scaldano a sufficienza già a metà potenza ma ho dovuto risistemarne la posizione per trovare il giusto confort.

I deflettori costruiti per i piedi raggiungono il loro scopo principale che è quello di evitare che gli schizzi d’acqua provenienti dalla ruota anteriore bagnino gli stivali, mentre quelli montati sui paramani proteggono a sufficienza la zona del polsino e dell’avanbraccio dall’aria e si rivelano stabili anche in velocità.

 

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la partenza a Sestri Levante

 

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Verso il San Bernardino

 

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Nei pressi di Splugen

 

Giorno 2 – 12 febbraio: Kirchheim (D) – Horsens (DK)

Giornata monotona, la partenza non proprio di primissima mattina non mi consente di andare oltre a Horsens visto anche il buio incombente e la sensazione di freddo dovuta anche a un vento persistente che mi accompagna negli ultimi 200 km.

Un calzino riscaldato ha pure smesso di funzionare nel medesimo tratto e proprio dal lato in cui tirava il vento: il piede destro inizia a formicolare e non è bello non avere sensibilità sul comando del freno posteriore. Fortunatamente scopro che si tratta di un falso contatto interno e lo riparo la sera senza grossi problemi, ma nel dubbio nei giorni seguenti userò questa calza dal lato del cambio.

Trovo in offerta un pacchiano 4 stelle che come speravo ha un garage: provo a montare i chiodi Bestgrip sulle gomme ma le batterie dell’avvitatore dopo 2 giorni nel bauletto al freddo non ne vogliono sapere, per cui dopo averne messi una cinquantina a mano decido di cenare mentre le batterie si ricaricano a dovere. L’operazione con l’avvitatore in forma risulta più semplice e veloce ma comunque porta via un paio d’ore almeno.

 

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il porticciolo di Horsens, ghiacciato

 

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la chiodatura

 

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chiodatura completa, 260 pezzi in totale

 

Giorno 3 – 13 febbraio: Horsens (DK) – Lyngdal (N)

Dopo essermela presa piuttosto comoda per la colazione rimango chiuso dentro al garage qualche minuto prima di trovare il sistema di aprire la serranda (che avrebbe dovuto essere automatica) senza dover tornare in reception imbacuccato con sei strati di abbigliamento: dopo un poco di apprendistato nella guida entro in autostrada che l’orologio segna le 9:30 passate e non mi rimane che collaudare la resistenza dei chiodi alle alte velocità se non voglio rischiare di perdere il traghetto.

Arrivato al terminal noto con stupore che i chiodi sono ancora tutti al loro posto e non hanno il minimo segno di usura dopo questa tirata, menomale!

Un paio d’ore di traversata e si arriva in Norvegia, al porto di Kristiansand con il sole che splende ancora, dovrei avere il tempo di arrivare al faro di Lindesnes prima del tramonto anche se il traffico sembra intenso: alla fine ci riesco e lo spettacolo è unico.

Nonostante abbia l’impressione che il tramonto duri davvero a lungo, arrivo in albergo a Lyngdal che ormai è buio (non è una novità…) e mi godo la “stranezza” di questo hotel del XIX secolo mantenuto nel tempo con oggetti e arredamento dell’epoca, gusto una zuppa di pesce nel ristorante annesso mentre la moto riposa sotto la tettoia del pozzo in cortile.

Per ora strade asciutte e pulite e della neve si vede traccia solo nei punti più in ombra.

 

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al terminal Colorline di Hirshtrals

 

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la prima immagine di suolo norvegese, dal traghetto

 

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il porto di Kristiansand

 

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il Lindesnes Fyr

 

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il Lindesnes Fyr

 

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Indresto

 

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il grazioso Paulsens Hotel

Giorno 4 – 14 febbraio: Lyngdal – Olen

Giornata soleggiata e con un cielo azzurro profondo, sembra primavera e non sembra nemmeno di essere in Norvegia. Anziché imboccare la 39 mi faccio tentare da un percorso più panoramico: 43 fino a Farsund e poi 465. In seguito imbocco la tortuosa e scenografica 44 tra Flekkefjord ed Egersund passando per Songdalstrand ma poi mi devo rassegnare a tornare sulla 39 per macinare un po’ di chilometri perdendomi il secondo tratto fino a Stavanger. Diversi tunnel e un traghetto mi portano fino ad Haugesund all’ora del tramonto, ma la città non mi ispira granché così contatto un motel sulla strada verso Gol e mi levo un’oretta di strada per il giorno successivo (scelta che a posteriori sarà più che saggia), arrivo nella anonima Olen dove mi concedo due passi in riva al fiordo dopo cena ed una surreale visita in un supermercato deserto (sono normalmente aperti fino alle 23).

 

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Farsund

 

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Lungo la 465

 

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Lungo la 465

 

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Songdalstrand

 

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vicino Mjasund

 

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Haugesund

 

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Olen al tramonto

 

Giorno 5 – 15 febbraio: Olen – Golsfjellet

Al mattino Olen sembra meno insipida che la sera prima e faccio qualche foto in riva al fiordo dove un pescatore sta sbrogliando le reti sulla sua barca intrappolata tra i ghiacci. La strada prosegue lungo l’Akrafjord, dove vedo anche lo spettacolo della cascata di Langfoss quasi interamente ghiacciata e poi lungo il Sorefjord e l’Eidfjord, i rami più interni del maestoso Hardangerfjord, uno dei fiordi più lunghi del mondo. La statale 13 dopo Odda è interrotta per lavori e bisogna aspettare 30 minuti la riapertura della strada, ad averlo saputo mi sarei fermato in un bar al caldo ma non mi sembra sensato tornare indietro di una trentina di km così aspetto, pranzando con un paio di barrette che avevo in tasca.

Dopo Eidfjord la strada inizia a salire tortuosa con un bel tratto di curve e tornanti dentro e fuori da gallerie, fino quasi a far perdere l’orientamento. Il panorama si imbianca rapidamente e dopo Maurset si apre l’altipiano dell’Hardangervidda che sembra davvero un deserto di dune bianche. Oltre al panorama anche la strada a tratti si imbianca di neve, ma il grip con i chiodi sembra discreto e procedo con cautela ma con discreta andatura ma è impossibile non fermarsi a scattare delle foto in questo paesaggio surreale: si ha quasi la sensazione di essere sopra le nuvole come in aereo.

Il navigatore è impostato su Gosfjellet e l’ora di arrivo avanza inesorabilmente, ma la strada 7 continua ad essere innevata fino quasi a Geilo e non posso certo aumentare l’andatura. Scendendo di quota è curioso vedere come la temperatura diminuisca fino ai 5 gradi sotto zero che mi accompagnano costantemente da Geilo a Gol. Quando mi fermo a far benzina monto i ramponcini sotto gli stivali per sicurezza.

Da Gol a Gosfjellet si sale rapidamente sulla bella 51 che invece è piuttosto pulita, noto con piacere che risalendo di quota la temperatura aumenta di qualche grado fino ad arrivare a zero.

Quando credo di essere ormai arrivato ed il cielo inizia a colorarsi per il tramonto vedo un cartello che mi indica a sinistra l’Oset Hotel a 7 chilometri, svolto e mi trovo davanti ad una strada completamente ghiacciata ed un casottino dove si deve pagare un pedaggio per salire: mentre cerco di capire cosa devo fare, praticamente da fermo, sento la moto scartare di lato e mi ritrovo a terra senza motivo apparente, mi rendo improvvisamente conto che il difficile deve ancora venire.

Pago il pedaggio dopo aver risollevato la moto che fortunatamente non ha nessun segno della caduta e mi guardo intorno: la strada bianca che sale non è innevata come la 7 percorsa poco prima ma è semplicemente una lunga lastra di ghiaccio, per di più conformata a schiena d’asino e con diversi solchi di pneumatici ora ghiacciati.

Inizio a salire a passo d’uomo rimanendo completamente a destra ma pian piano guadagno il centro della strada che se non altro sembra più liscio. Incontro una ventina di auto nuove di fiamma che scendono con passo sostenuto, probabilmente qualche presentazione alla stampa di un nuovo modello, e ritorno nella mia cunetta a destra per evitare di passare troppo vicino. Noto che comunque dove c’è un poco di neve sopra il ghiaccio c’è un minimo di grip in più e quindi cerco di passare nelle zone più bianche del percorso, che sembra interminabile. Presa un poco di confidenza con l’andatura “felpata” inizio a guardarmi intorno e lo spettacolo è grandioso: un panorama davvero stucchevole con un cielo che inizia a colorarsi di rosa. Incontro un bivio a cui ne seguono altri ma nessuno indica l’Oset così proseguo, mi rendo conto di essere andato troppo avanti quando incontro la diga del lago artificiale: spengo la moto per controllare sul cellulare l’esatta posizione dell’hotel e passata in un istante la tensione per la guida mi rendo conto di dove sono e quale spettacolare panorama ho intorno.

Torno indietro senza grossi problemi dato che questo tratto di strada è di neve battuta, perfettamente liscia e compatta tanto che verrebbe da osare un poco di più col gas, ma evito. Arrivo nel piazzale dell’Oset dove ci sono già diversi sidecar e le moto di Ermes e Roberto, con cui ero in contatto.

Spengo la moto, sono arrivato: soddisfazione ed emozione si mescolano in questa atmosfera che è ancora surreale.

Cena e dopo cena sono piacevoli in compagnia di Ermes e Roberto nei bei saloni dell’hotel, anche loro sono partiti dall’Italia l’11 ma sono poi saliti qui direttamente da Oslo e quindi si sono goduti il posto già dal mattino.

Verso le 23 usciamo per far girare un po’ le moto e scopriamo con un poco di stupore che il termometro misura un grado sopra lo zero.

 

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la cascata di Langfoss

 

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cascata di Latefossen

 

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scorci sulla 7 dopo Odda

 

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Hardangerfjord

 

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Hardangerfjord

 

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Hardangervidda

 

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Hardangervidda

 

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rifornimento prima di Geilo

 

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l’inizio del tratto ghiacciato

 

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l’inizio del tratto ghiacciato

 

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L’arrivo al Raduno

 

Giorno 6 – 16 febbraio: Golsfjellet – Oslo

Quando scendo per colazione saluto Ermes e Roberto che sono già pronti a partire, devono essere a Goteborg nel pomeriggio per un traghetto. Io lascio l’hotel e mi godo ancora un po’ la zona dell’altipiano, vado nuovamente fino alla diga con la moto e scatto alcune foto.

La strada ghiacciata mi fa molta meno impressione al ritorno e mi pare molto più breve e meno ripida di quanto ricordassi.

Scendo a Gol dove nuovamente noto che fa molto più freddo nonostante la quota inferiore, imbocco la 7 che corre per un lungo tratto accanto ad un fiume completamente gelato e coperto di neve. Il panorama con gli alberi bianchi per la galaverna è suggestivo ma il freddo pungente ed il termometro rimane alcuni gradi sotto lo zero, appare ad un tratto anche la nebbia.

Il piano iniziale era quello di prendere un traghetto da Oslo a Copenhagen ma quando finalmente mi sono deciso a prenotare non c’era più posto.

Ad Oslo la nebbia diventa una sorta di pioggerellina, che non mi fa apprezzare i gradi di temperatura guadagnati, quasi per caso dopo un rifornimento riprovo a controllare la disponibilità e riesco a fare un biglietto per la traversata. L’idea di non dover fare almeno altri 600km attraverso la Svezia con questo clima mi rincuora non poco, vado immediatamente al terminal e nel giro di un’ora sono a bordo della Crown Seaways.

Saluto la Norvegia partendo dal porto di Oslo con le sue acque in gran parte ghiacciate.

 

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Ermes in partenza dal Raduno

 

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Roberto “topo” in partenza dal Raduno

 

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la zona intorno all’Oset

 

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la zona intorno all’Oset

 

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in attesa dell’imbarco

 

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le acque del porto di Oslo

 

 

Giorno 7 – 17 febbraio: Copenhagen (DK) – Werder (D)

Sbarcato intorno alle 10, un paio di foto con lo sfondo delle caratteristiche case colorate di Nyhavn e poi via in autostrada in un clima abbastanza grigio ed umido, seppure con temperature ben più alte rispetto al giorno precedente.

Per non rifare la stessa strada dell’andata anziché procedere verso Lubecca punto il piccolo porto di Gedser dove un traghetto mi porta fino a Rostock, dove sbarco in abbondante ritardo. Entro sera speravo di arrivare fino a Leipzig ma il traffico intenso ed una fastidiosa nebbia che bagna in continuazione visiera e specchietti mi fanno fermare più spesso del dovuto poiché la guida risulta abbastanza stressante, alla fine prenoto un hotel non lontano da Postdam, nei sobborghi rurali di Berlino.

La scelta sembra indovinata se non altro per la possibilità di cenare di fronte ad un crepitante caminetto e per il fatto che il titolare mi fa mettere la moto in un cortiletto interno proprio sotto la finestra della mia bella stanza.

Sarebbe forse il momento buono per togliere i chiodi dalle gomme (in Germania sarebbero anche vietati) ma la pigrizia ha il sopravvento.

 

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Copenhagen

 

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Copenhagen

 

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a Faro, si intravede il ponte nella nebbia

 

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in arrivo a Rostock, nella nebbia

 

 

Giorno 8 – 18 febbraio: Werder (D) – Grainau (D)

Forse la giornata più noiosa, non si vede quasi altro che autostrada con lo sfondo di un cielo grigio e quando finalmente arrivo su una statale essendo sabato il traffico è intenso e ci sono code verso la famosa località di Garmisch. Non mi spingo molto oltre per non salire di quota ad un orario ormai prossimo al tramonto e trovo posto in una Gastehaus economica a Grainau, per poi spendere quanto ho risparmiato per cenare in un tipico ristorante bavarese.

 

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in partenza a Werder

 

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la vista dalla finestra a Grainau

 

Giorno 9 – 19 febbraio: Grainau (D) – Sestri Levante

Giornata soleggiata, perfetta per attraversare le Alpi, dopo aver varcato il confine austriaco affronto il trafficatissimo Fernpass e procedo in direzione St. Moritz dove incontro Luca per un saluto. Gli ultimi scorci di montagna sul Maloja sono davvero suggestivi, una volta a Chiavenna il rientro diventa noiosa routine tra la superstrada 36, la Tangenziale Est di Milano e la A7, che rimane l’unico tratto di tutto il viaggio fatto in entrambi i sensi.

 

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in partenza

 

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lungo la strada

 

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Sul Maloja

 

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la fine